20K UltraTrail…. non ci posso credere…

Ottobre 2017, durante una normale uscita domenicale in bici, insieme al mio compagno di merende Bart….  Lui: “che ne dici, ci iscriviamo alla 20k?”,  Io: “ma sei scemo? Hai idea di cosa stai parlando? Io non li ho quei Km nelle gambe”,  Bart: “si, va beh, ma avremmo un pochino di tempo per prepararla, alla fine non sarebbe impossibile, dura si, ma non impossibile…”  Io: “Bart, la conosco questa storia, ci sono già passato con la maratona, il peggio è appunto tutta la fase di avvicinamento, la preparazione, il calendario da rispettare, le uscite anche se non ne hai voglia, la pressione e l’ansia che aumentano… io non me la sento… no, no scusa, no….

E così, puntualmente, come due deficenti, io e Bart, il giorno 21 dicembre delle stesso autunno, (dopo aver spergiurato che non l’avrei mai fatta), alle ore 21.00 esatte, ci siamo trovati davanti al computer, pronti per il click day: ed in baleno eravamo dei partecipanti…. Avremmo scoperto solo più tardi di essere stati i primi ad iscriversi, ma si sà, dopo che per anni non riesci a formalizzare la tua partecipazione alla Nove Colli ed alla Dolomiti, tendi a farti furbo. O forse no. Scopriremmo sempre dopo, che non sono poi molti gli sciroccati che decidono di buttarsi in una avventura come questa (saremmo solo in poco più di 20 nel percorso Road 650)… forse il click day, non era esattamente un click day.

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Schermata di benvenuto ad iscrizione effettuata: bene augurante…e mò so ca…

Ma che cosa è la 20K Ultratrail? In buona sostanza è una ultracycling che nelle prime due edizioni prevedeva un percorso unico e solo per le MTB. Solo da quest’anno, il deus ex macchina, ideatore ed organizzatore Andrea Collino ha inserito la categoria Road, nelle 2 versioni da 670 km e da 1200 km. In buona pace chi decide di partecipare non solo si dovrà sciroppare tutta questa distanza, ma dovrà mettere in conto partendo da Pinerolo (Torino) di dover attraversare Piemonte, Valle d’Aosta, Svizzera, Francia, ancora Piemonte ed infine la Liguria. Più di 20.000 metri di dislivello positivo per la versione MTB, oltre 15.000 per la versione Road da 670 ed oltre 25.000 per la versione Road da 1200. Non proprio una passeggiata….

Le regole per partecipare sono semplici: il cronometro non si ferma mai, non si possono avere aiuti esterni di nessun tipo, bisogna essere autonomi al 100%, ci si può organizzare come meglio si crede, con l’unica condizionale del rispetto della traccia GPS fornita dall’organizzazione. Vuoi dormire? Non vuoi dormire? Preferisci buttarti per strada o sostare in un 5 stelle? Vuoi mangiare pedalando o preferisci ristoranti rinomati? A te decidere, anche questo fa parte della 20K. Prendere o lasciare.

Come da previsione, ad iscrizione effettuata é partito il classico tarlo che ti si inserisce nel cervello e più spesso di quanto tu possa solo immaginare, la tua testa vola li, su quell’appuntamento che ti sei dato e che inevitabilmente ti spaventa.  Incominciamo così (io e Bart), di buona lena ad allenarci, compatibilmente con il tempo a disposizione, la famiglia, gli impegni di lavoro e tutto il resto. Personalmente incomincio anche una attività di palestra abbastanza “seria” e mirata: penso a tutte le ore di bicicletta che dovrò fare ed alle condizioni pietose della mia schiena e del mio collo. A ragion veduta, si dimostreranno fondamentali.

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-6°C. Quando oltre a tutto il resto, ti sei congelato anche il buon senso.

Per cercare di non lascire nulla incompiuto ed anche per la necessità di accumulare km nel poco tempo disponibile, infiliamo della uscite notturne. In inverno. Al freddo. Non proprio il massimo del divertimento, ma anche in questo caso utili. E’ incredibile di come si riesca a far di necessità virtù.

E così i mesi scorrono, con un impegno che purtroppo non sarà mai costante, momenti di euforia e sensazioni del tipo “ce la posso fare, sto arrivando” che si susseguono a “ma che cazzo sto facendo? Piove, sono stanco ed oberato di impegni e mi trovo qui a spingere i pedali sacrificando tutto il resto… No, basta…”  Ma poi si sà, dopo ogni temporale, esce sempre un pò di sole e quindi la vera motivazione non è mai venuta veramente a mancare. Appunto “motivazione”: in molti che sono avulsi a questo tipo di esperienze, mi hanno chiesto, perchè si arrivi a maturare il desiderio di parteciparvi. Penso che non esista una risposta unica e valida per tutti e sono convinto che ognuno di noi, ne abbia di diverse. Sicuramente per me non è stato il “cronometro” e personalmente sono sempre stato abbastanza affascinato dall’avventura, dalla possibilità di alzare un pochino l’asticella delle mie esperienze. La mia vita privata, il mio approccio al lavoro, alle relazioni, allo sport è sempre stato un equilibrio fra raziocinio ed impulso e slancio verso il diverso, la novità, l’avventura… per carità, non immaginatevi grandi cose, ma di certo si, oramai mi conosco bene e questo tipo di bipolarità mi appartiene. A quanto pare poi la parte razionale che spesso domina ogni tanto viene decisamente sovrastata dal desiderio di fare qualcosa al di fuori dell’ordinario, saltanto tutte le tappe intermedie: non avevo mai partecipato prima ad alcuna randonee e tento meno ad una ultra-cycling, scegliere proprio questa come prima prova è stato sicuramente un azzardo. Inoltre, per una serie di motivi di carattere privato, più mi avvicinavo al giorno della partenza e meno erano i chilometri che dedicavo alla preparazione. Alla fine mi sono ritrovato in griglia con poco più di 3000 km nelle gambe (a partire da Gennaio) distanza che posso affermare senza presunzione, fa desistere i più dall’iscirversi ad una mediofondo. Figuriamoci ad una Ultra-cycling….. Beh, ho deciso di fregarmene, mi sono detto che questa cosa la facevo per me, che del cronometro non me ne fregava una beata mazza e che sarei partito comunque. E quel che sarebbe successo, sarebbe successo…

C’è un altro aspetto che è stato determinante nel farmi decidere di tentare questa esperienza e mi riferisco alla possibilità di esplorare me stesso in una condizione di forte disagio e stress: sarei riuscito a sopportare tutta questa fatica? Come avrei reagito di fronte ad alcuni imprevisti? La notte, sarebbe stata una barriera inaffrontabile od una opportunità per godere della mia persona in solitudine? Quanto sarei riuscito ad essere Resiliente? A proposito del concetto di resilienza molto importante è stata la lettura del libro “resisto dunque sono” scritto da Pietro Trabucchi, che affronta l’argomento “resilienza” in maniera chiara, esaustiva, si, mi è stato davvero utile, lo consiglio a tutti, un buon manuale di vita per gli sportivi, per i genitori, nell’ambito professionale o se vostro malgrado state affrontando una malattia.

Per chi non ne è pratico, non potete immaginare la quantità di tempo ed energia che assorbono tutti gli aspetti organizzativi: decidere cosa portare (estivo od anche invernale?), come caricarlo sulla bici (bikepacking?), come ripartire i pesi (tutto dietro? borse centrali si o no? Borracce, dove?), come gestire le fonti di energia (strumenti ricaricabili o batterie usa e getta?), GPS (uno solo o meglio avere un doppio?)…

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La scelta di tutta l’attrezzatura è importantissima. Vanno evitate le sorprese.

si insomma, sono veramente tantissimi i rivoli su cui bisogna soffermarsi a ragionare. La regola è quella di cercare di sbagliare il meno possibile evitando quindi di mettersi in condizioni di disagio ancora più pesanti di quelle che una competizione come questa già ti obbliga a sopportare. Un altro esempio banalissimo: ve lo immaginate la rabbia di doversi ritirare a metà percorso per un problema di irritazione al soprasella? E quindi, estrema cura nello scegliere, provare e testare diversi tipi di bib shorts nel tentativo di trovare quelli che meglio si “adattano” al tuo caso….

Ovviamente non ci si può esimere prima di partire, da una uscita di simulazione a pieno carico. Io personalmente ho fatto la mia decidendo di salire sul Nivolet (e nemmeno veramente a pieno carico). Mancava circa un mese alla partenza ed è stato tragicamente chiaro che non ero nella condizione sufficiente per riuscire nell’impresa. E stato decisamente il momento più basso….  Quella domenica massacrante ha almeno avuto il vantaggio di spingermi a cambiare la rapportatura della mia bicicletta nel tentativo di trovare una pedalata ancora più agile. Mi sono reso conto anche che la scelta di usare la mia Slate (per motivi di pura comodità, non me la sono sentita di usare la mia specialissima “race”) forse non sarebbe stata la migliore possibile: ma oramai era troppo tardi per retrocedere.

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Mi sono spinto troppo nello scegliere la Slate per il percorso Road 650. Un pochino si. Ma non ho grandi rimpianti. La bestia nera resta una gran bici.

In un baleno siamo arrivati a fine luglio e mancano pochi giorni alla partenza. Non sono pronto… sono decisamente spaventato da tutte le possibili varianti che non posso controllare. Riesco a controllarmi grazie all’allenamento della mia resilienza (chi ha letto il libro di Trabucchi, capirà) e nonostante il buon senso mi dica di non presentarmi, decido che il 3 luglio sarò alla partenza: ore 22.00 del 3 Agosto si accenderanno i motori (o meglio le gambe) e sinceramente non vedo l’ora che arrivi il momento, per smettere di pensare e trovarmi a dover solo pestare sui pedali. Non sono i km che mi terrorizzano ma il dislivello: sono quasi 16.000 metri, in pratica come salire sull’Everest per 2 volte, ed immaginando di chiudere il percorso in 4 giorni, significherebbe tenere una media di 4000 metri d+ al giorno… Non l’ho mai fatto in vita mia.

IMG_2618Decido di mandare una mail a tutti i miei colleghi ad amici e parenti spiegando cosa sto andando a fare: non per pavoneggiarmi ma per chiedere il loro supporto via WA durante la mia 20K. Sono sicuro che ne avrò bisogno… si dimostrerà l’idea e la cosa più bella che potessi fare. La solidarietà, la vicinanza, l’affetto che le persone possono darti, quando ti percepiscono in una condizione di disagio, sono le cose più belle del mondo, sono la vera spinta, il vero carburante che ti fa scoprire che ne hai ancora, anche quando pensi di non averne più. Ecco una 20K si fa per questo. Per le emozioni, per le relazioni che crei, per quelle frasi sul telefonino, che ti ritroverai a leggere e rileggere, facendoti battere il cuore anche a distanza di mesi.
Il racconto non è finito: seguitemi sul blog. Il bello deve ancora arrivare.

JT.      jt@cyclist4passion.com