Partenza: pronti via!
Le ultime due settimane prima della partenza, sono state snervanti… A dirsela fino in fondo, per motivi personali e professionali gli ultimi 2 mesi sono stati snervanti… Ho solo voglia di partire, pedalare e basta. Sono pronto, non sono pronto, ma chi se ne frega… fatemi pedalare in modo che tutta questa ansia possa essere coperta dalla fatica e dal dolore fisico. Quello che è fatto è fatto. E’ il 2 Agosto e domani partiremo: dopo cena, con calma e ritualità ho montato tutta l’armatura sul mio destriero. Sono soddisfatto, si presenta bene, anche se la bilancia mi dice il contrario, segnando un bel 18,5 kg. Non esattamente un assetto da granfondo. Però mi pare di avere tutto di una lista, che è infinita: dai guanti invernali, alla crema protezione 30, alle fiale di muscoril e bentelan se mi si dovesse bloccare la schiena… si, ho tutto, o almeno spero. Ora vado a letto, ma come per le notti precedenti, non posso dire che dormirò proprio rilassato.

3 Agosto: the Day of the Day
E’ venerdì ed è il giorno della partenza che sarà a Pinerolo alle 22.00. Prima di quest’ora, siamo tutti convocati per un briefing ed un pasta party. La mattina la consacro al lavoro, il primo pomeriggio, fingo di riposare e verso le 16.00 passo in macchina a caricare il mio amico Bart. Le sue emozioni sono le mie, la sua stanchezza è la mia. Ma entrambi abbiamo voglia di mettercela alle spalle. E quindi, bici nel baule e direzione Pinerolo! Arrivati nella zona raduno (un area sportiva) entriamo subito nel clima: Arianna del team organizzativo e Andrea (l’organizzatore) ci consegnano i tracker, il pettorale e la bellissima jersey dedicata: mi dico che nel peggiore dei casi, mi resterà almeno questa! Mi guardo intorno ed incomincio a dubitare che la scelta della mia bici, sia stata quella giusta: tutti i partecipanti dei tracciati Road, sono presenti con delle specialissime in carbonio e un bikepack che definirei “minimalista”. In confronto la mia Slate, sembra un Panzer pronto all’attacco dell’armata Russa. E vabbè, se deve essere guerra, che guerra sia.


Il briefing scorre veloce, Andrea giustamente ci ricorda che con buona probabilità, non siamo Omar di Felice e che stanchezza e poco sonno possono causare brutti scherzi, quindi prudenza, siamo qui per vivercela e godercela questa Ultracycling.

La cena è ben organizzata e decisamente generosa. A tavola si scambiano 4 battute e tutti come al solito restano un pochino coperti ed è uno spreco di “ho fatto pochi km”, “io sono qui solo per arrivare”, “l’importante è partecipare, siamo qui per divertirci…” Sarà…. Ma esaurita la sbornia da “frasi-di-rito” ed entrati un pochino di più nella confidenza reciproca, ho una specie di collasso quando l’ultracycler di fronte a me, con tono dimesso dice di prevedere di chiudere l’anello da 1220 km e 25.000 md+ in meno di 4 giorni. La forchetta mi cade nel piatto e dichiaro pubblicamente che se chiudo il mio di anello da 650 km e 15.000 md+ in meno di 4 giorni, mi sbronzo per una settimana! Ma come è possibile? Gli faccio presente che deve papparsi circa 6000 metri di dislivello al giorno e lui candidamente mi obbietta, che si è vero, ma ci sono anche le discese! Ok, decido di lasciare perdere, prima che la depressione pervada ogni cellula del mio corpo. La verità è che di persone “normali” ma dotate di “superpoteri” ce ne sono più di quanto si possa credere e sono realmente i vicini della porta accanto… Si insomma, potreste non saperlo, ma un civico dopo il vostro potrebbe nascondersi un killer seriale od un ultracycler! Comunque bando alle ciance, inforco la bici e percorro insieme a Bart i 6 km che ci portano nella piazza del duomo di Pinerolo da dove partiremo. Oramai è buio, la piazza è bellissima e non manca nulla, dal gonfiabile, alla signora al tavolino del bar che si avvicina per chiederci “scusate, ma cosa state facendo?”: troppo difficile riportare qui le espressioni del suo volto a seguito della nostra spiegazione. Ma non mi sembra che ci stia guardando come se fossimo del tutto normali. Sarà… Io e Bart, abbiamo intorno le nostre famiglie che ci sono venute a supportare e non lo nego, questo piccolo dettaglio, unisce altro sale al momento: mia moglie è sinceramente preoccupata, ma non smetterò mai di ringraziarla perché non me lo ha mai fatto pesare più del dovuto, nemmeno durante le fasi di avvicinamento ed i lunghi allenamenti.


L’organizzazione ci fa partire con la polizia a scortarci e con un giro di lancio, che facciamo su una salita ciottolata non lunghissima ma con pendenze che arrivano al 20%. Lo leggo come un presagio: se non lo avessi ancora capito siamo veramente alle porte dell’inferno… E’ un mucchio in circa 120 ciclisti ed è anche uno sferragliamento assurdo di catene che cercano di saltare sulle corone più grandi… qualcuno sputa già qui il primo polmone e scherzando diciamo che potremmo già ritirarci su questa salita. Il gruppo comunque si sgrana e ripassiamo quindi in piazza duomo e sotto il gonfiabile per quella che è la vera partenza… Finalmente… riaffrontiamo per la seconda volta la medesima salita ciotolata e si, ci siamo, sto vivendo la mia 20K. Una botta di mesi ad aspettare, ed ora sono qui.

E’ bellissimo e penso che sarà memorabile. Pedalo nella notte, in fondo al gruppo con il mio faro e la mia traccia da seguire. Sto bene, fa caldo, un caldo umido ed ho una bella sensazione d’estate e di avventura davanti a me. Rimonto delle posizioni e mi aggrego ad un gruppetto, che ha la mia stessa andatura. Non conosco nessuno, si scambia qualche battuta. In realtà uno lo riconosco: è Fabrizio, il proprietario di Ciclocucina, un mitico ristorante in Torino a tema… ciclistico (ma va???…) Bruciamo i primi km fatti di mangia e bevi in mezzo alla campagna Torinese, scartando le mini lepri che attraversano la strada, fino ad arrivare alla prima salita, la colletta di Cumiana, nulla di particolarmente complicato sulla carta: la prendo con cautela perché la odio e la patisco sempre come una bestia. Non è lunga ma è a due cifre per buoni tratti. I miei compagni partono più brillanti ma in pochi km ci ritroviamo ricompattati. Un milanese, manifesta la sua perplessità per la mancanza di esperienza e serafica una certa Ausilia (Vistarini) lo rassicura dicendogli, “non devi preoccuparti, vedrai che più vai e più vai… giorno su giorno l’allenamento aumenta”. Io riesco solo ad immaginare la stanchezza che aumenta, insieme alle piaghe sul mio soprasella… Ascolto in silenzio come tutte le volte in cui non si abbia nulla di buon senso da aggiungere, ma sono decisamente perplesso, per non dire scettico. Solo all’arrivo scoprirò veramente chi è Ausilia, cosa ha fatto nella sua carriera e di cosa sia capace e credetemi, ci sono buone probabilità che abbia da bambina condiviso la stessa pappa di Capitan America. Arriviamo così alla seconda salita, colle Braida, con passaggio dalla Sacra di San Michele, simbolo della regione Piemonte. I km scorrono, l’umidità è altissima e la discesa, al buio è stupenda. I miei colleghi scendono con prudenza, ma io con le gomme da 38 posso permettermi di fare un pochino il fighetto. Costeggiati i laghi di Avigliana, ci portiamo verso la terza salita, il colle del Lys: un paio di balordi ci superano in macchina e ci gridano epiteti non riportabili: ma che problemi avranno poi? Lungo la salita prima di Rubiana, scatta per me l’operazione sonno: ho pianificato per le prime 2 notti di dormire in una struttura, poi si vedrà. Arrivo al B&B che sono le le 1,30 del mattino: 59 km e 1370 md+. Inizia a piovere, poco male: io sono al coperto (sadismo..), doccia e a nanna. Cerco di dormire, ma non sarà un vero sonno, la tensione, la pioggia e la preoccupazione per i giorni a venire, non sono di certo concilianti. Alle 5.30 mi metto in piedi dopo un simil-riposo di 4 ore scarse: sta ancora piovendo e mi girano le P. Carico la bici e nel frattempo smette di piovere, qualcuno mi ama: controllo il meteo sul cellulare e decido di non vestirmi da pioggia e partire. La salita del Lys va via bene e mi sembra perfino più corta del solito, sarà l’adrenalina. Arrivato in punta, barretta di rito e 4 chiacchiere con un “collega” che purtroppo avrà un incidente a Chamonix contro una vettura: bici distrutta e lui fortunatamente, miracolosamente illeso.

E poi giù in discesa attraverso una miriade di paesini. A mattina inoltrata mentre sgranocchio un pezzo di pizza seduto sul marciapiede di una panetteria, vedo passare due ciclisti della 20K: inconfondibili… non li conosco, ma mi metto in sella e li aggancio. C’è un bel tratto da fare per arrivare ad Aosta e mi dico che sarà forse meglio farlo in compagnia. Conosco così Gianluca e Sergio ed il caso della vita, come spesso accade, ci farà diventare amici. Un altro motivo per cui essere grati alla 20K, aver incontrato e stretto relazioni con delle belle persone.

Pappa quindi insieme ai due simpatici Torinesi e via fino al primo Check Point a Saint Vincent. Ci aspettano Andrea ed Arianna, il tempo per sparare 4 boiate, constatare che un botto di gente è già in fuga, bere una coca, osservare un temporale in arrivo alle nostre spalle e via di nuovo in bici. E’ pomeriggio inoltrato, raggiungiamo Aosta e qui facciamo la cazzata. Sergio, mangia soddisfatto un bel ghiacciolo e ripartiamo. Può uccidervi un Ghiacciolo: io incomincio a pensare di si. Perchè a seguire, scaliamo la prima parte della salita del gran San Bernardo e sbagliamo lungo la stessa l’arrivo nell’Hotel in cui volevamo fermarci a dormire: scendiamo quindi per circa un chilometro e completiamo così l’opera. Sergio, arrivato all’hotel, letteralmente collassa a terra… Parla in maniera confusa e dopo pochi minuti riesce a dirci “non sento il braccio sinistro…” E’ il panico… chiamo il 118, anamnesi telefonica con l’operatore che fa partire immediatamente l’ambulanza che arriva in circa 15 minuti. E qui il vero colpo da maestro che nemmeno il miglior Gino Bramieri sarebbe riuscito a mettere in scena: nel momento in cui i paramedici escono dal mezzo di soccorso, il nostro Sergio si rialza in piedi e serafico ci annuncia di sentirsi benissimo! MA COME? STAVI MORENDO! E niente, i paramedici lo ribaltano con le solite analisi di rito e poi, consultato il medico, decidono che è pazzo, che può firmare un documento che li scarichi dalla responsabilità e che deve sparire dal loro orizzonte. Il teatrino è condito dal sottofondo dell’anziano proprietario dell’hotel, che in perfetto accento valdostano, ed una erre moscia degna del miglior Fantozzi, sentenzia tutto serio “…io lo so, li conosco questi qua, tutta gente che si fa come le carogne… sono pieni come le uova!!!” Ok, sono sicuro di essere in una Candid Camera, indicatemi per cortesia in quale direzione è la telecamera in modo che possa salutare casa… Ma non è finita: ristabilito l’ordine e fatta la doccia, andiamo a cena e il buon Sergio, convinto del fatto che non è questo il giorno in cui si compie il suo fatale destino, decide di sfidare ancora la morte, mangiando una costata delle dimensioni di un campo da calcio, con aggiunta di patatine fritte e mi raccomando, non facciamoci mancare due birre medie ghiacciate! Ma di cosa sono fatti sti ultracycler? Le prime 24 ore della mia 20K si sono chiuse con 244 km e 4600 md+. Nel mio letto chiudo gli occhi e non posso che pensare alla giornata e a cosa mi aspetta ancora.
4 Agosto: secondo giorno.
E’ mattina presto… presto… il sole ancora non c’è. Sicuramente c’è ad aspettarci la prima salita di giornata che si chiama Gran San Bernardo. Sono 35 km totali, ma un pochini che li siamo già buttati alle spalle ieri. Partiamo dopo aver guardato Sergio negli occhi ed avergli chiesto “Ci sei Amico?”: risposta affermativa e sembra pure convinto. Nemmeno la bistecca lo ha ucciso. Fa freschino ma saliamo senza incertezze: a metà della salita una seconda bella colazione e poi ancora su. Arriviamo in punta al passo con una relativa facilità e ne sono particolarmente sorpreso. Altra colazione in relax sotto i raggi del sole che finalmente ci consentono di levare qualche strato di abbigliamento… Turisti, motociclisti ed aria di vacanza. Peccato non potersi fermare.

Ci buttiamo sulla discesa scollinando in Svizzera, a dirsela, un pochino a tomba aperta: soprattutto io ed il resuscitato, d’alta parte ha dimostrato di essere un esperto di tombe aperte! Gianluca sembra avere più buon senso. Io sono del parere che in discesa ci si debba ri-caricare il morale e quindi bisogna spingere nella facile convinzione di essere il nuovo Cipollini. A scoprire che non si è il nuovo Pantani basterà la prossima salita e quindi, perché perdere l’occasione di dare una botta positiva alla propria autostima? Con il faro acceso affrontiamo a manetta parecchie gallerie in discesa: non ci facciamo mancare urla selvagge attraversando le stesse… si insomma, se una Harley può smarmittare a tutta potenza, perché non posso urlare io, che la discesa me la sono guadagnata molto più di lui? Arrivati in fondo siamo a Martigny, scopriamo 3 cose tutte poco piacevoli: la prima è che la benzina in svizzera costa meno dell’acqua (6 euro per una bottiglia, e sì, avete letto bene). La seconda è che non ci sono fontane pubbliche: mica sono scemi, sono svizzeri. La terza (e sarà la peggiore) si materializza guardando il Garmin e capendo che quell’incredibile traverso, tutto dritto, in salita, senza ombra e completamente al sole, che ci appariva dall’altro versante del fiume, sarebbe stato il nostro prossimo calvario. E calvario è stato… siamo alla fine della mattinata e fa caldo, molto caldo, manco fossimo a Salerno… Questa maledetta salita e questo maledetto passo del Forclaz, lo ricorderò a lungo. Le abbiamo fatte veramente tutte per arrivare in cima, soste su soste sotto le rare macchie d’ombra, abbiamo fermato un camper di Spagnoli per chiedere acqua, abbiamo suonato ai campanelli delle case, per chiedere altra acqua: un incubo. Ma come per tutti gli incubi, alla fine ci si sveglia e la fine dell’incubo per noi è stato ovviamente l’arrivo in cima al colle e la discesa successiva.


Ci smazziamo un pochini di km ed entriamo con un certo sollievo in Francia. A fatica troviamo un ristorantino a Vallorcine e poco dopo arrivano altri 2 concorrenti della 20K che scopriremo poi essere giornalisti di una testata Ispanica. Il pomeriggio scorre via ed arriviamo a Chamonix con 110 km nelle gambe, non tantissimi, ma in mezzo c’è stata parecchia salita. Siamo giustificati. Agganciamo un cicloturista Francese di origine Egiziana, che fa un tratto con noi. E’ giovane, carico come un mulo e desideroso di vita: in inglese mi spara una botta di domande volte a soddisfare la sua curiosità. Rispondo con pazienza a tutto, ma i due pazzi come me, sembrano aver messo il turbo… e si insomma, non è che l’ossigeno nei polmoni mi entri proprio a pieno flusso! Alla fine il ragazzo si sgancia con la promessa di seguire le nostre tracce sul portale: farà strada, ne sono sicuro, li ho visti bene quegli occhi. Un altro bel motivo per pigiare forte sui pedali è il bel cielo nero che incombe su di noi. Gianluca che il Bianco ed il posto lo conosce bene, ci fa notare che una bagnatina a Chamonix si prende tutti i giorni. Siccome non ne abbiamo proprio voglia, buttiamo giù un altro dente. Puntiamo ad arrivare a Saint Gervais les Bains e dormire li, buttandoci dietro il terzo colle di giornata impegnativo. Capiremo solo la mattina dopo di aver fatto un errore. Raccattiamo una camera in un hotel sgarruppatissimo, in cui avremo una cena ancora più sgarruppata… Non perdiamo il buon umore e la buttiamo in ridere, ma Gianluca ricorderà a lungo il suo famoso Hamburger a metà!!!! Andiamo a letto con 145 km in più e 3950 md+. Felici.
3° Giorno : o la va o la spacca…
Il sole sta sorgendo e siamo già in bici, convinti di essere in punta al colle e di dover fare discesa. Sbagliato: per il colle manca ancora parecchio, errore madornale, perchè già sulla carta, sapevamo che questa giornata doveva essere importante, per permettermi di chiudere la mia 20K prima dello scadere del 4 giorno e diventare quindi un finisher con tutti i sacri crismi e la relativa medaglia! Ci spariamo il primo colle (di cui non ricordo il nome) con una “discreta agilità” ed attacchiamo il secondo, “les Saisier”, poco più di 600 md+, e ci leviamo anche questo. Arriviamo all’inizio del colle del Roselend, salita più volte affrontata dal Tour de France, sapendo che non sarà una passeggiata nelle vie del centro di Torino. La salita si sviluppa per poco più di 20 km ed arriva a sfiorare i 2000 metri in vetta. L’altimetria trae un pochino in inganno perchè a due terzi della salita si costeggia un magnifico lago artificiale, che permette di rifiatare prima della botta finale. Nel complesso non una salita super cattiva, ma nemmeno banale.

Sul lago ci concediamo una botta di vita mangiando un Croque Monsieur: peccato che si aspetti una vita prima di riceverlo… il cronometro corre ed incominciamo ad accumulare altro ritardo. Siccome a Bolla segue Fattura, arrivati in punta ci buttiamo in discesa… Ho sonno, tanto sonno, fatico a tenere la strada: su una sbandata eccessiva, sento Sergio dietro di me urlare come un pazzo nel tentativo di non farmi crollare. Troppo rischioso continuare, mi butto a lato strada sotto un albero: mi basteranno 5 minuti con gli occhi chiusi per rialzarmi full of Energy. I miei amici mi guardano increduli “Si va?” si, si va. Ed altra strada sotto le gomme fino a Borg Saint Maurice. Ci sediamo a pranzare e sono circa le 14. Abbiamo un piano: attaccare l’interminabile salita di 35km dell’Iseran scollinando a sera inoltrata e poi scendere verso il versante opposto dove ci saremo fermati a dormire a notte fatta. Duretta, ma sembrerebbe fattibile: soprattutto sembra non esserci alternativa se vogliamo stare in tabella. E quindi via.. Ma il diavolo fa le pentole e a quanto pare Mastrotta le vende: appena la salita incomincia, si scatena il diluvio. Non 2 gocce, il diluvio. Ci vestiamo da pioggia e ripartiamo sotto una specie di eccitazione mistica: la salita non è durissima e saliamo veloci sotto la pioggia. Ed è bellissimo, inutile negarlo. Faticoso ed umido ma bellissimo. Sono in preda ad una specie di esaltazione. Arrivati sul lago di Tignes (a 1900 metri) l’esaltazione svanisce con la velocità di una spruzzata di alcool etilico sul barbecue acceso… un gelido vento trasversale ci colpisce ed entriamo con sofferenza nella lunga galleria successiva che ci farà sbucare a Val d’Isere. La galleria ci accoglie senza pioggia e non c’è vento. Penso che è stato solo un momento difficile e che la crisi è passata. Ma usciti dalla galleria, ritorniamo bruscamente alla realtà: siamo sfiniti, letteralmente svuotati. Ci rifugiamo in un centro commerciale chiuso, ci spogliamo e ci vestiamo al meglio, ma non c’è niente da fare, continuiamo a tremare per il freddo. Un bar, dei pasticcini ed un te caldo ci riportano in vita. Non ha senso continuare, non possiamo pensare di affrontare altre 2 ore di salita per la vetta e poi scendere, troppo rischioso. Troviamo una camera molto bella che compensa quella della sera precedente, andiamo a cena e con il Garmin e le cartine alla mano, rifacciamo il piano per il giorno dopo. Devo riuscire a tagliare a Pinerolo entro le 20 del giorno seguente. Ascolto Sergio e Gianluca che con calma serafica snocciolano km e dislivelli. Allungo la mano sulla mia birra media e penso che non ce la farò mai. Andiamo a letto con 120 km e 4200 md+ nelle gambe. La giornata non è nata sotto una buona stella ed è finita sotto una ancor peggiore.
4 Giorno… e che giorno…
Sono le 4.30 del mattino e stiamo già agganciando i pedali. Nella notte, un miracolo ha voluto che la roba riuscisse ad asciugarsi. Partiamo da val d’I Iser sotto un cielo stellato. Pedaliamo in salita e fa freddo. Siamo totalmente soli, se escludiamo qualche marmotta che ogni tanto sbuca ed una pecora a lato strada talmente immobile che la scambio per una statua. Arriviamo sulla vetta del passo più alto d’europa che manca poco alle 7.00. Il sole sta sorgendo e ci sono 4° gradi. E’ bellissimo. Bellissimo. Bellissimo. Siamo contenti e ci vestiamo in pieno equipaggiamento invernale. Foto di rito e poi discesa con un freddo incontrollabile al punto da faticare a tener il manubrio fermo e dritto.



Arrivati a Bonneval ci concediamo una colazione ed incominciamo a levare qualche strato di roba. Segue un lungo mangia a bevi fino a Lanslebourg, dove parte il secondo colle di giornata, la salita al Moncenisio. La conosco, sono poco più di 10 km, ma di quelli che ti fregano. E così sarà. I miei colleghi mi staccano e mi aspettano in cima al lago. Fico, sento odore di Italia, di Piemonte, di Casa. Incomincio a crederci.

Attacchiamo la discesa verso la val di Susa, su un asfalto a biliardo che mi fa dubitare di essere veramente in Italia. Il momento di euforia scompare quando mi accorgo che l’organizzazione non prevede di farci scendere dritti sulla statale, ma ci obbliga ad una deviazione sul paesino di Moncenisio. NOOOOOO….. Ma perchè? Ok, tiriamo quattro improperi e ci arrendiamo. Arrivati a Moncenisio è presto ma abbiamo una fame boia. Aspettiamo con pazienza che l’unico ristorantino del paese apra. Ne sarà valsa la pena. Ripartiamo un pochino appesantiti e ci spariamo in discesa nel tentativo di fare una seconda congestione. Siamo a Susa alle 14.00 superate, ed attacchiamo l’ultimo colle. Il colle delle Finestre. Lo conosco e non ho intenzione di sfinirmi sulla prima rampa al 16%, cercando di portar su un mulo incazzato di quasi 19 kg. Scendo, spingo e dico al resto della banda che ci si vede in punta. Loro hanno deciso di pedalare. Dopo 2 km li trovo sotto un albero ad aspettarmi. Per chi non lo avesse mai fatto il Finestre è una salita vera, di quelle che ti segnano, ma anche di rara bellezza. Gli appassionati, ricorderanno che il Giro d’Italia di quest’anno è li che si è deciso, ed è li che Froome ha costruito il suo capolavoro che resterà nella storia del nostro sport. I primi 9 km sono su asfalto in mezzo al bosco, in un infinito susseguirsi di tornanti che ti si aprono sullo sguardo senza interruzione. Quando l’asfalto termina, si ha la possibilità di fare acqua e parte la seconda parte della via crucis. Fatta ancora di salita, spesso a 2, cifre su un fondo non asfaltato e spesso molto smosso, al punto da non risultare pedalabile in lunghi tratti. Spingere o pedalare, stessa velocità e quindi…. Dura… ma con la sensazione che passato questo scoglio, si, ci siamo. Arriviamo in punta io e Gianluca insieme. Sergio ci ha staccato ed è già su. Siamo felici…. si, se non succedono imprevisti ce l’ho fatta. Mangiamo una barretta, spariamo battute a raffica, guardo i miei amici e gli chiedo se vogliono veramente continuare per il percorso da 1200 km, o non abbiano deciso di arrivare con me al 650 e finire la tortura. Li vedo solidi, vogliono continuare. Ho ammirazione, sincera: io sono felice che sia quasi finita. Arriviamo all’alpe Pintas dove abbiamo un Check Point. Timbriamo e mangiamo un pezzo di torta: sotto sotto, mi dispiace mollarli… ci abbracciamo e ci salutiamo neanche avessimo fatto la campagna di Russia insieme. Beh, forse un pochino di Russia si, la abbiamo fatta… Mi butto in discesa verso Pinerolo neanche fosse la Mecca, devo coprire ancora 50 Km scarsi e non ho tantissimo tempo a disposizione. Vai, Vai, Daiiiiiiiii….. Incomincia a piovere e fa sempre più caldo…. Vaiiiiiiiiiiii…. guardo il navigatore e nonostante le indicazioni siano chiare, faccio i conti e penso che manchino ancora 9 km circa: poi d’improvviso, riconosco la strada ed il campo sportivo che è il punto di arrivo: è emozione grande, grande grande… Sono un FINISHER… C’è una persona dell’organizzazione ad aspettarmi, (il marito di Arianna, gentilissimo) foto di rito e medaglia. Chiudo in 3 giorni e 20 ore, 40 minuti prima della chiusura del cancello. La giornata finisce così con 162 km e 4308 md+. Carico la bici in macchina e torno a casa. Faccio la doccia e mi metto a tavola con la mia famiglia come in un qualsiasi giorno normale. E’ surreale… sono qui, sereno e stamattina alle alle 5 ero in Francia cercando di guadagnare l’Iseran.. Ma come è possibile? Magica 20k… Anche un comune mortale per 3 giorni può pensare di essere un eroe. Basta volerlo. E provarci.


P.S. I miei amici Sergio e Gianluca arriveranno regolarmente in 6 giorni e 17 ore a Finale Ligure. Eroi veri. Tutta la mia stima.

P.S. Il mio amico Bart arriverà a Finale Ligure (7 giorni e 3 ore sul percorso MTB) dopo una successione di incredibile problemi tali da rendere banale al confronto la nostra impresa. Eroe vero. Gli devo un grande grazie. E’ per Lui che mi sono infilato in questa avventura. Ed è grazie a Lui che porterò sempre con me questa grande e bellissima esperienza di Resilienza.

P.S. Un super grazie a tutti coloro che mi hanno supportato via WA o e-mail, amici, colleghi e famigliari. Sono rimasto sbalordito, nel sapere quanti di voi hanno passato ore a scrutare preoccupati il mio puntino muoversi sul monitor. Incredibile… Non me lo scorderò…. Ero solo un puntino, ma Voi eravate li a guardarmi. Grazie.
P.S. Km totali 675. Dislivello positivo 14.467 metri. Mi sa che un’altra cazzata così, mi tocca di rifarla….
Se avete ancora voglia di leggere, c’è pure la puntata precedente!