“Pantani era un Dio”

“In questi dieci anni dalla morte di Pantani si è scritto quasi tutto, e di quasi tutto. Libri di ricordi familiari e di inchieste giudiziarie , di cronache sportive e di cronache fotografiche, romanzi e fumetti. Questo è un libro di montagne, di romagnoli, di scalatori, anche di artisti, di gregari. Se Pantani era un solista e un solitario, questo libro è il coro delle tragedie greche è la banda che accompagna un feretro nei funerali di New Orleans, è cento cantastorie che raccontano le gesta di un guerriero, di un bandito, di un pirata, ed è anche una cartina geografica.

Qui non c’è giudizio, non c’è sentenza, non c’è verdetto, non c’è ordine di arrivo né classifica generale. Ognuno ha la sua versione. E c’è un finale per tutti: una morte da solista, da solitario. Torrida. E triste.”

In molti lo hanno amato e lo amano ancora. Altri non riescono a perdonargli quel gesto. Altri ancora lo ricordano semplicemente come un dopato e drogato. I forum sono pieni di discussioni feroci, fra chi lo difende e chi lo accusa.
Non voletemene, Io sono tra chi lo ha adorato ed ancora gli vuole bene. Troppe le emozioni che mi ha dato. Entusiasmante il modo in cui correva. Niente tabelle, cardio, SRM o radioline: un ciclismo che oggi non ritrovo e che forse non tornerà più.

Spesso mi trovo a parlare di ciclismo con persone straniere: quando la discussione si sposta su Marco, spesso, spessissimo mi spiegano quanto ci brillino gli occhi a noi Italiani quando siamo sull’argomento. Sanno che non possono denigrarlo davanti a noi: la reazione sarebbe feroce. Magari non sono d’accordo con la nostra posizione, ma ci portano rispetto per la passione che ne abbiamo. 

 “Quando ho pensato di scrivere un libro su Pantani, ho cercato di capire -io, innanzitutto- perché i sui gregari lo stimassero così tanto. La prima cosa che ho scoperto è che i suoi gregari non solo lo stimavano e lo stimano, ma gli volevano proprio bene e gliene vogliano ancora, se non più di prima. La seconda cosa che ho scoperto è che questi sentimenti erano e sono ancora, provati perfino dai suoi avversari. C’è anche pietà e compassione per una vita spezzata, frantumata, dilaniata così in fretta, come un corridore che va in fuga al chilometro zero, dà tutto quello che ha e neanche a metà corsa scoppia e si ritira. Ma in nessun collega ho trovato antipatia, rancore, inimicizia, rabbia. A volte lontananza. Altre volte fatalismo. Ma mai indifferenza.”

Ho letto molto su Pantani, quasi in modo morboso, nel desiderio di capire, di comprendere: poi sono stato attirato dal titolo di questo libro, realmente provocatorio. L’ho letto. L’ho riletto. E riletto ancora. Non ho più desiderio di scavare, la sete è stata placata. 

Schermata 2016-10-15 alle 16.30.31.png“Questo non è un libro sul bene o sul male. La bicicletta è il bene: bella, agile, svelta silenziosa, poetica, compagna. Il doping è il male: ipocrita, imbroglione, immorale, illecito, inguaribile, complice. Il titolo può sembrare assolutorio, se non esaltante o addirittura profano. Ma rende l’idea di una fuga troppo in alto. Anche Prometeo era un Dio. O si credeva un Dio. O gli avevano fatto credere di esserlo.”

Marco Pastonesi ci ha consegnato questa piccola perla. Lo ha scritto con la mano fluida e felice di un giornalista che è stato anche uno sportivo di livello. Se siete fra quelli che non amano Pantani, il mio invito è semplice: leggetelo. Non cambierete le vostre emozioni. Ma sono sicuro che l’angolazione del vostro giudizio cambierà

P.S- Le parti in carattere Italico sono citazioni prese dal libro stesso

JT       jt@cyclist4passion.com